lunedì 17 ottobre 2016

Ci vuole tanta accoglienza


Ci vuole tanta accoglienza

Il paese di domani è il paese che non c'è.
E se non c'è vuol dire che bisogna darsi da fare per inventarlo.
[…] Il paese che non c'è è il paese della condivisione.”
(Augusta Natale, Il teatro sopra una mano)

Tutti i giorni ci incontriamo per la strada che scende verso il fiume.
Io porto Arturo, il cane, a fare la passeggiata, lui porta da mangiare alle sue galline, mette a posto qualcosa, fa' dei lavoretti, in quella che sembra essere una piccola rimessa con una stalletta.
Ogni giorno lo saluto ma lui non risponde. Pensavo fosse per via della sua schiena curva, dello sguardo che punta sempre a terra, sorretto dal bastone. Continuo, ogni giorno, a dargli il buongiorno o la buonasera e a volte entrambi, perchè ci incontriamo anche due volte al giorno.
Qualche giorno fa, gli lancio il mio saluto, come una pietrolina in uno stagno e, questa volta, ho sentito dov'è caduta:
Attenzione, che non si avvicina alle galline, che le fa spaventare...”.
Il tono è quello del rimprovero e io gli rispondo, sorridendo, che Arturo ha paura più lui delle galline. Per risposta riprende il suo passo lento cadenzato dal bastone e se ne va. Allora ho pensato che questo signore anziano era proprio scorbutico, uno “sgarbiato” come avrebbe detto mia nonna Rosa. Ho pensato: basta, non lo saluto più. E che è?!
Ci sono rimasta male.
Il giorno dopo ci rincontriamo, io mi stringo le labbra, decisa a non guardarlo, però, il mio orgoglio cede e, a quattro, cinque metri da lui, lo guardo.
Ci guardiamo. E lui mi saluta, per primo: “Ciao”. E io subito rispondo “Salve”.
Sbigottita, o meglio dire, “sbauttita”, me ne torno a casa e ci penso.
Mi sentivo come quando da bambina avevo seminato un semino di mela e dopo qualche settimana è cresciuta la piantina, con quello stupore.
Forse veramente è così che si coltiva il mondo, con l'accoglienza.
Questi piccoli eventi, che a me sembrano giganteschi, mi cambiano la giornata.

Oggi il cielo sembra si sia abbassato, la nuvola a forma di trave, lu travone, si è piazzata sul Morrone e la Majella si è coperta completamente.
L'aria s'è cambiata. Lo ha detto, stamattina, la signora F. intorno alle 7:30. Tornata dalla messa, ha annunciato, con voce chiara e squillante, il bollettino meteo: “Fa le fridd! S'ha cagnete l'aria n'nzì!”.
La sua voce passa come in filodiffusione per la via, rimbalza sui muri delle case di pietra, si infrange sulle persiane e io, ancora nel letto, nemmeno ho aperto la finestra e già so cosa accade nel mondo.
Io non ho il televisore in casa, io ho la signora F.
Il fatto del saluto” lo abbiamo risolto, ora io e il signore delle galline, ci salutiamo tutti i giorni, però non abbiamo ancora risolto “il fatto del sorriso”. Perchè sorride poco, diciamo che il suo tentativo di sorridermi è uno stiramento di un solo angolo della bocca, una specie di paralisi, momentanea però.
Io e Arturo scendiamo verso il fiume, Arturo annusa l'aria umida, quando torniamo verso casa, dalla curva spunta il signore delle galline. Cammina sempre ricurvo, a testa bassa e perciò il suo sguardo incrocia prima Arturo e poi me. E questo è il momento memorabile di questa giornata:
Il signore delle galline spalanca un sorriso. E che sorriso! Due file di denti tutte spiegate verso di noi! E io dico “Buongiorno” e lui “Bbongiorne”.
E' stato una specie di miracolo, un'apparizione. E con quale leggerezza! Nessuna traccia dello stiramento di qualche giorno prima. Mi è sembrato davvero contento di vederci e noi eravamo contenti di vedere lui. Sono certa che anche Arturo abbia percepito questa gentilezza.
Improvvisamente tutto diventa più chiaro e leggero perchè c'è la relazione. A modo nostro l'abbiamo costruita piano piano, con pazienza, ogni giorno.
Si riaprono davanti a me i paesi: il paese dell'anima, della condivisione, della relazione, il paese come luogo dove reinventare il futuro.

Partiamo da un saluto, da un sorriso, da un gesto lieve.
Ritroviamoci lì, in questa semplicità.

Le cose si possono fare con tanta accoglienza.
Il teatro si può fare con tanta accoglienza.

Avrei voluto dirgli qualcosa, chiedergli delle galline, per esempio. Ma ci sarà tempo, arriverà anche il dialogo. Il più lo abbiamo fatto...



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